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L’ADHD, in italiano Deficit di Attenzione e Iperattività/Impulsività, è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da disattenzione, iperattività e impulsività. È bene precisare che un bambino “troppo vivace” o “troppo difficile da gestire” non è necessariamente ADHD: infatti, l’iperattività in psicologia indica un’irrequietezza che deriva da un disturbo dello sviluppo del sistema nervoso centrale, in particolare della corteccia prefrontale e dei nuclei della base; aree cerebrali coinvolte nel controllo del movimento.
ADHD nel dettaglio
Come già evidenziato, l’ADHD è un disturbo del neurosviluppo che interessa l ’8-11% dei bambini in età scolare, con un’incidenza doppia nei maschi rispetto alle femmine. I sintomi di ADHD compaiono già in età prescolare, diventando più evidenti in età scolare, in concomitanza con l’ingresso a scuola. Solitamente, l’insorgenza della sintomatologia deve essere presente prima dei 12 anni e deve compromettere o interferire con la qualità del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo. Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) distingue 3 forme di ADHD:
- Con predominanza della disattenzione;
- Con predominanza della iperattività/impulsività;
- Combinata.
Nello specifico, la disattenzione si manifesta nella difficoltà a mantenere l’attenzione su compiti che richiedono uno sforzo prolungato (esercitazioni, test, lezioni, conversazioni ect), a seguire le istruzioni e organizzare il tempo per raggiungere un obiettivo. Per quanto riguarda iperattività e impulsività, vengono riscontrate una eccessiva attività motoria, iperverbosità, difficoltà a rispettare i propri turni sia nelle conversazioni che nelle attività, come il gioco. A queste caratteristiche possono associarsi anche altri disturbi, come i Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), il Disturbo di Coordinazione Motoria (DMC), il Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP), il Disturbo della Condotta (DC), i disturbi d’ansia o dell’umore e il disturbo da tic.
Le cause dell’ADHD
Per l’ADHD non è nota una causa specifica, ma i fattori genetici giocano un ruolo determinante. A questo possono associarsi altri fattori potenziali di rischio tra cui: basso peso alla nascita (inferiore a 1500 grammi), lesioni craniche, infezioni cerebrali, carenza di ferro, apnea ostruttiva nel sonno ed esposizione durante la gravidanza a piombo, alcol, tabacco o cocaina.
Diagnosi e trattamento
La diagnosi di ADHD è di tipo clinico e viene effettuata da specifiche figure professionali (psicologi, neuropsichiatri infantili e altri specialisti) attraverso test, osservazioni e colloqui. I test vanno a quantificare obiettivamente le funzioni esecutive (memoria, pianificazione, attenzione, impulsività), il livello intellettivo, le abilità di scrittura, lettura e calcolo, le abilità motorie e visuo-spaziali e le competenze riguardante la gestione della sfera emotiva. Per quanto riguarda il trattamento, l’intervento terapeutico prevede:
- Età prescolare:
Parent Training (formazione dei genitori).
- Età scolare:
ADHD di grado lieve: terapia cognitivo-comportamentale ed intervento di supporto scolastico;
ADHD di grado moderato\grave: ai trattamenti sopra citati va associato un trattamento farmacologico (con psicostimolanti o farmaci non psicostimolanti).
E a scuola?
A scuola il primo passo è quello di offrire un supporto ai docenti (teacher training) che permetta loro di conoscere il disturbo ADHD, le caratteristiche dell’alunno ADHD e le strategie didattiche da adottare a scuola sia sugli “antecedenti, eventi o situazioni che hanno innescato il comportamento, sia sui “conseguenti”, cioè che è accaduto in seguito al comportamento (come il bambino e gli insegnanti hanno reagito). In secondo luogo bisogna intervenire sul gruppo classe per favorire l’inclusione del bambino tra i suoi pari, solo così sarà possibile farlo sentire accettato e capito dai suoi coetanei.
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Foto di Tara Winstead da Pexels