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“Mamma, papà me lo comprate? Tutti i miei amici lo hanno, vi prego. Perché gli altri sì e io no?“. A chi non è capitato di ascoltare una frase del genere o di non pronunciare una frase del genere? In psicologia viene definito nag factor o fattore assillo ed è quella particolare abilità del bambino di tormentare i genitori per ottenere un determinato bene di consumo, reclamizzato sui media o sotto la spinta e la pressione del gruppo dei pari.
Nag Factor: figli vs genitori
Il fattore assillo è tipico dell’infanzia e della prima adolescenza e a seconda dell’età può basarsi su due tipologie differenti di assillo:
- Assillo persistente: comportamento caratterizzato da richieste ripetitive da parte del bambino, il quale aumenta il volume e il tono della voce e diminuisce la pausa tra una richiesta e l’altra, fino alla resa dei genitori.
- Assillo d’importanza: comportamento subdolo e ingannevole, in cui le informazioni sono apprese dai media. Il bambino, di solito più grande, argomenta le richieste facendo riferimento alla presunta importanza personale del possedere quel determinato prodotto.
I genitori, a loro volta, possono adottare varie tattiche per rispondere alle richieste dei loro figli. Alcuni procrastinano, ovvero rimandano l’acquisto del prodotto a un ipotetico futuro. Altra tattica è la negoziazione, il prodotto viene acquistato in cambio dello svolgimento di un determinato compito o attività. In questo caso, il bambino potrebbe sfruttare una contro-tattica e quindi attuare tutta una serie di comportamenti solo per avere in cambio gli oggetti del desiderio. Infine, i genitori possono dissentire in modi differenti come il no categorico, il dissenso ambiguo (pur negando l’acquisto, propone strategie alternative come l’uso della paghetta o quello debole, che porta quindi il bambino ad approfittare del rifiuto mal espresso per contrattaccare.
Nag factor: c’è da preoccuparsi?
Il Nag Factor nasce dalla semplicità con cui i bambini credono al messaggio pubblicitario, ideato dal marketing facendo leva su due necessità del bambino:
- il senso di attaccamento ai giochi che aiuta il bambino piccolo nei primi distacchi;
- il desiderio di essere uguale agli altri nei più grandicelli.
Nessuna di queste spinte in sé è negativa; anzi sono necessarie per la crescita psicologica dei bambini, il problema nasce quando il messaggio pubblicitario si scontra con le indicazioni dei genitori. Se il bambino non ottiene quel prodotto, ideale per il suo benessere (almeno questo è il messaggio che lascia passare lo spot), i genitori commettono una grave ingiustizia. Per ottenere l’oggetto, il bambino comincia a fare leva su vari espedienti, tra cui: reazioni eccessive, strategie persuasive, do ut des e, non da ultimo, il senso di colpa. Il nag factor, salvo casi eccezionali in cui diventa troppo eccessivo, non deve destare preoccupazione, solitamente sparisce con la crescita. Ovviamente, è un fattore che potrebbe incrinare il rapporto genitore-figlio soprattutto nei casi in cui si trasforma in uno scontro costante. In questi casi è sempre bene valutare la situazione: se la richiesta è eccessiva, mantenere il punto; altrimenti si può provare una tattica diversa dal dissenso categorico, trovando un punto di incontro. Deleterio, allo stesso tempo, può essere assecondare il proprio bambino per stanchezza, perché si attiverebbe un circolo vizioso particolarmente difficile da interrompere. Nella gestione del nag factor molto dipende dallo stile educativo adattato e dalle circostanze, tenendo sempre bene a mente che il ruolo dei genitori è quello di riconoscere e comprendere i comportamenti del proprio figlio, impegnandosi ad aiutarlo nel suo percorso di crescita, un percorso non sempre semplice, anzi il più delle volte complesso, ma meno difficoltoso se affrontato insieme.
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Foto di Phil Nguyen da Pexels